Chi s’interessa anche solo un poco di finanza, probabilmente saprà che l’oro è universalmente riconosciuto come un affidabile bene rifugio. Questo vuol dire che quando i mercati sono particolarmente volatili (cioè instabili, poco prevedibili e proni a cambiare rapidamente) gli investitori scelgono l’oro per superare indenni i bruschi cambiamenti del mercato e ridurre così le perdite.
Un po’ di storia sul trading dell’oro
Questa guida vuole essere un’introduzione al mercato dell’oro, è quindi opportuno cominciare dalle basi. Sebbene il valore di scambio dell’oro sia sempre stato riconosciuto, questo metallo fu adottato come moneta corrente nel Regno Unito nel 1816, istituendo di fatto il Gold Standard, cioè un sistema in cui il valore delle valute nazionali era rapportato a quello del metallo giallo. Il mercato fisico dei lingotti si trovava a Londra, nel Regno Unito, dove gli accordi venivano firmati in apposite stanze blindate.
L’esempio britannico fu seguito nel 1872 dalla Germania e nel 1900 dagli USA. Le monete nazionali erano convertibili in oro e il cambio era stabile, variava solo entro parametri stabiliti. La Prima Guerra Mondiale intervenne a cambiare drasticamente lo scenario ponendo fine al sistema aureo. Negli anni ’30 la convertibilità delle banconote in oro fu prima reintrodotta, poi abolita del tutto finché con gli accordi di Bretton Woods non si definì la triangolazione che equiparava l’oro al dollaro americano rispetto al quale poi fluttuavano le altre valute.
Le negoziazioni dell’oro ripresero nella seconda metà degli anni ’40 (il mercato di Londra riaprì solo nel 1954) e l’interesse degli investitori esplose di nuovo in occasione delle periodiche crisi del biglietto verde: quando le quotazioni del dollaro americano crollavano, gli acquisti di oro aumentavano in maniera proporzionalmente. Il libero mercato dell’oro risorge ufficialmente nel 1968, da questo momento in poi il prezzo del pregiato metallo sarà sempre definito da domanda e offerta.
L’oro fu utilizzato come punto di riferimento anche nel 1979, quando le banche nazionali aderenti cedettero il 20% delle loro riserve auree in cambio della nuova valuta europea, all’epoca definita ECU.
Trading sull’oro: i primi passi
Definito il contesto, caliamoci nella pratica concreta del trading nel mercato delle materie prime. Il primo passo è costituito senza dubbio dalla scelta del broker: nel mercato italiano sono presenti molti autorevoli operatori attivi da anni su scala globale e certificati dalla Consob per il mercato italiano. È compito del trader effettuare uno studio comparativo per valutare quale piattaforma offra spread e commissioni migliori.
Per gli scopi di questo piccolo manuale sarà sufficiente sottolineare che per fare trading sulle materie prime non è certo necessario acquistare ingenti quantità di metalli per rivenderli quando il prezzo sale. È possibile speculare (e guadagnare) sul prezzo dell’oro tramite i Contratti per Differenza (CFD), prodotti derivati che ricalcano il mercato sottostante con le sue fluttuazioni. Non è questa la sede per descrivere in dettaglio questo strumento di trading, per approfondire visita la piattaforma italiana di IG Group, leader del settore, e le pagine dedicate ai CFD.
Fare trading sull’oro vuol quindi dire speculare sul suo prezzo: un investitore aprirà una posizione long se è convinto che il prezzo sia destinato a salire, sarà invece short se invece crede che il mercato sia in ribasso. Il meccanismo è quindi molto simile a quello del mercato valutario (il cosiddetto forex). Facendo trading con i CFD, è possibile usufruire della leva finanziaria, cioè della possibilità di versare solo parte dei soldi necessari per completare un’operazione. In pratica, il trader non versa tutta la cifra per la quale è esposto sul mercato, quindi quando s’incassa i guadagni risultano amplificati. Attenzione perché lo stesso identico meccanismo scatta anche quando si perde: per questo motivo è addirittura possibile perdere una cifra superiore a quella depositata all’apertura del conto.
L’oro, il cui simbolo in borsa è AUX, viene sempre negoziato in una coppia (proprio come si fa con le valute) perché il prezzo all’oncia è stabilito in dollari americani. Il valore di un lotto di oro è di 100 once, il movimento minimo definito tick (e non pip come in altri mercati) è di 0,01 punti. Uno spostamenti di questo tipo (0,01 tick) equivale a 1$: uno spostamento di un punto intero, quindi, è uguale a ben 100$.
Quali fattori influenzano le oscillazioni?
Per l’oro come per altre materie prime, i prezzi vengono negoziati in contratti futures, che consentono ai produttori di stabilire il prezzo che realizzeranno in una data futura. Domanda e offerta regolano il mercato.
Nel caso dell’oro (ma questo è valido in generale per il mercato delle materie prime), fattori economici e politici, ma anche climatici, possono influenzare pesantemente le oscillazioni. L’esempio classico che illustra perfettamente il caso in esame è quello del petrolio: sebbene questa materia prima sia normalmente negoziata sui prezzi dei futures, le agitazioni in Medio Oriente condizionano molto le fluttuazioni dei prezzi. Il fattore clima incide su materie prime legate al settore agricolo (frumento, caffè o canna da zucchero) e poco sui metalli.
Altro fattore da tenere in considerazione, come anticipato nel paragrafo precedente, è il valore del dollaro. Le materie prime sono generalmente contrattate in dollari (e torna di nuovo utile l’esempio del prezzo del petrolio al barile!), nel caso dell’oro questa è una vera e propria regola. Nel concreto, l’ascesa del biglietto verde compie un’azione ribassista sul prezzo dell’oro, mentre la caduta del dollaro esercita un’azione rialzista.