Il default tecnico dell’Argentina, da piú parti paventato e poi innescato da una decisione giudiziaria, ha riportato alla ribalta il meccanismo di valutazione del debito effettuato dalle agenzie indipendenti di rating.
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Se un rimpasto di Governo favorisce la rivalutazione di una moneta, facile immaginare quali siano le ripercussioni di una crisi politico-militare come quella che sta dilaniando l’Ucraina e quali siano, nel lungo termine, le conseguenza di un puro disequilibrio tra valori macro-economici.
Le agenzie di rating quali Moody’s e Standard&Poor’s, giusto per citare le piú note, emettono un giudizio periodico sullo stato di salute delle economie nazionali basandosi principalmente su dati macro. La classifica stilata concede al lettore ben poche sorprese.
Prima della classe è la Norvegia, che secondo l’analisi incrociata del fondo d’investimenti BlackRock e della già citata S&P’s, rappresenta la nazione in cui è piú sicuro investire, ma il ritorno del prestito è in questo caso ridotto visti i bassissimi tassi concessi. A seguire un altro Paese scandinavo, la Svezia, tallonata da Stati Uniti e Regno Unito. Solo quinta la Germania.
L’Argentina era invece in cima alla classifica delle nazioni meno affidabili, il conto alla rovescia verso la restituzione del debito era avviato da tempo. Chiariamo, intanto, che il default argentino non ha nulla a che vedere con la crisi di liquidità che nel 2001 mise in ginocchio il Paese. Questa volta il governo albiceleste qualche soldo in cassa l’aveva e, dichiarano fonti governative, aveva anche ricontrattato il pagamento del debito con circa il 92% dei creditori.
Solo due fondi d’investimento americani, NML e Aurelius Capital Management, avevano rifiutato di accettare solo un terzo di quanto a suo tempo stabilito invece dei 1,3 miliardi di dollari maturati. Questo lo scontro che ha fatto scattare l’iter giudiziario che ha determinato il blocco dei conti argentini.
Non è solo il debito pubblico, però, a costituire un rischio per le economie nazionali.
Alcune delle nazioni sulla lista a rischio elevato hanno, infatti, un debito pubblico bassissimo. L’Ecuador, che ha già affrontato il default del 2001, ha un debito pari al 24,8% del Pil: in questo caso il fattore di rischio è determinato piuttosto dalla difficoltà a recepire investimenti stranieri e ad accedere al bond market. Anche nel caso di Cuba è il limitato accesso ai finanziamenti a definire un rating con outlook negativo, inoltre lo stato castrista è fortemente dipendente dalle importazioni in ogni aspetto della vita pubblica e privata.
Sono invece strozzate dal debito sia la Grecia che Cipro. La prima ha un debito pubblico pari al 120% del prodotto interno lordo, ma secondo il Fondo Monetario Internazionale questa percentuale potrebbe arrivare al 175% entro la fine del 2014. Cipro è da mesi a un passo dal default (debito pubblico al 111,7%), boccheggia, ma non affoga anche grazie alla sua natura di paradiso fiscale. L’unica banca del Paese ha 10 miliardi di debiti. La salvezza potrebbe risiedere in un’idea fantapolitica: riunificare l’isola per gestire in maniera efficiente le riserve di gas naturale.